Oggi ho pensato, sinceramente e per la prima volta, che forse morire sarebbe meglio di tutto questo.
Non era un pensiero suicida, non proprio. Non ho motivo di vedere nel suicidio una via d'uscita.
Eppure nel pieno dell'esasperazione, dell'angoscia, della stanchezza, ho pensato chiaramente e con tutto me stesso a togliermi la vita.
Ed il sollievo che ho provato...qualcosa di indescrivibile.
So che è banale detta così, perché è banale il concetto, e perché in questo momento mi sento talmente stanco e svuotato di ogni entusiasmo che non riesco nemmeno a scrivere decentemente, non mi esce nulla: né un pensiero, né una parola.
In compenso sento tanto, e vi assicuro che in quello che ho sentito non vi era nulla di banale.
Per il resto sono a pezzi. Una larva d'uomo, davvero.
Leggo un sacco, studio come un matto, mi dimentico tutto e ristudio, bestemmio come un camionista.
Suono, suono, suono.
Sto imparando il greco, velocemente. Gli ideogrammi giapponesi mi restano in mente, perlomeno, questo ogni tanto mi dà un attimo di respiro, mi fa sentire un po' meglio; lenisce questo incessante, continuo stridere della mia anima.
"Ho visto massacrati l'angelo e l'uccello cantante. Ho visto il cavallo i soldati le donne afflitte dal lutto gli alberi morti, ed altre donne abituate alle urla e ai pianti" [Al-Saddiq Al-Raddi - Poesia]
Ho cancellato oggi il numero della mia casa,
Ho strappato la targa che portava il nome della mia via
e quelle di tutte le altre.
Ma se tu assolutamente vuoi trovarmi,
bussa alla porta di ogni casa, in ogni via
delle città di tutti i paesi,
- tutto allo stesso tempo è una cattiva sorte e una
benedizione –
e ovunque dove risplende uno spirito libero:
sappilo, là è casa mia.
[Amrita Pritam - Il mio indirizzo]
I.
Di questa
mia battaglia
Non ho mai
capito il perché
“Sono un
Poeta”
Mi dissi
La mia
natura è grandiosa
E delicata
Il cuore mio
è come un muro di crepe
Che pure un
soffio di vento può scuotere
L’anima mia
è come una lente
Vasta e
rotonda
Che tutto
quanto deforma e riflette
E sarà
sempre così, mi dicevo
Tutto quanto,
ogni cosa
affascinante
e incomprensibile
meravigliosa
e grottesca
“Sono un
Poeta”
Mi dicevo
Senza capire
nulle delle mie parole
Provando invano
a dare un senso
A questo
senso di cruda guerra
La mia
battaglia divenne un massacro
La mia
ricerca mutilazione
Finché il
bisogno di sentire il mio sangue
Esplose
E mi trovai
sventrato a terra
Sconfitto.
Senza nemmeno
una parola
Per spiegare.
II.
Eppure è
vero,
Sono un
Poeta.
Ogni mio
istinto risponde
A questa
causa
Non ho bisogno
di capire,
di
integrarmi
di
accumulare competenze e numeri
per
dimostrare il mio valore sociale
Io sono un
Poeta
E il mio dovere è la testimonianza
La mia
natura è delicata
Per camminare
fra le trame deltempo
Le mie paure
sono vaste ed ardenti
Per prevedere
i biechi orrori dei miei simili
la grandezza
delle loro opere
Ogni cosa in
me s’infiamma
Alla ricerca
della battaglia
Ed assieme
si ritira
Desiderosa di
pace e riposo
Perché è
così che agisce l’uomo:
lotta e riposa
ed è di ciò
che devo scrivere
Io sono un
poeta
Il mio corpo
rifugge ogni catena
Il mio
spirito
Gli stretti limiti del sangue
Non ho né
crediti, né lascito
Perché i miei versi sono il mio lascito
Le mie
impressioni i miei crediti
Non ho
bisogno di una patria, di una casa
Di un
lignaggio
Perché le
mie parole sono il mio lignaggio.
III. Sono un
Poeta
Nessuno può
usarmi
Se non il
canto dei fiumi e del vento
Se non lo
sguardo di chi è solo ed oppresso
Di chi è
schiacciato dalla morsa del mondo
E della
concretezza
Di chi è
vessato da un potere
Da un governo
Da una
morale
Dal suo
lavoro
Dalla sua
famiglia
Per chi è
frustato dagli “sbrigati”
Dai “Forza”
Dagli “Svegliati”
Per chi
rifugge ogni forma di addomesticamento
Per chi ha
bisogno di canzoni
Nuove,
sempre
“Andate, mie canzoni, dai solitari e dagli
insoddisfatti,
Andate anche da chi ha i nervi a pezzi, dagli schiavi delle convenzioni,
Portate loro il mio disprezzo per i loro oppressori.
Andate come un’onda d’acqua fresca,
portate loro il mio disprezzo per gli oppressori.”
"Per piacere, voi che passate, abbiate la bontà di dirmi quanto sono grande.
Misurate queste braccia, queste gambe"
[F. Kafka -Descrizione di una battaglia]
"E no, non aspettano altro e sembra strano
Forse lo si legge dalle borse sotto gli occhi stanchi
Sotto l’occhio stan a rimembrare i fatti
I pochi che rifiutano son marci e moriranno marci
E faranno da stracci agli altri per lenire le ferite"
[Izi - Tutto Torna, Pizzicato]
Non avete mai capito un cazzo di me. Mai. E mai ci capirete qualcosa.
Sono stanco di essere gentile, di limitarmi sempre perché siete troppo deboli e stupidi per accettare quello che ho da offrire.
Vi disprezzo tutti, uno per uno. E più sto meglio più vi odio.
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Oggi, la gioia
i tramonti sembrano
più luminosi
i sapori
più intensi di ieri
ogni pensiero sembra incarnarsi
nel suo stesso sussurro
Eppure ancora
perché i tramonti
perché i sapori?
Perchè Io?
Parlare? Come se servisse
con queste dita tozze
e rattrappite
con questo corpo incerto
insufficiente
stanco ma ancora
assettato di battaglie
queste ossa inferme
ferite di speranza
questo tremore, questa
tensione
questo pensiero rotto d'idee
come una noce troppo grande
per il guscio...
Tamara de Lempicka - Giovane ragazza con viole del pensiero, 1945
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Non so più esprimere niente
nemmeno la mia stessa
banalità
Ho fame. Ho voglia di aprire la finestra
allungare il collo e con gli occhi strabuzzati
respirare
dritto, impuntato
davanti all'orizzonte
Ho fame.
Ma non so più descrivere
la forma dei cibi
la consistenza della carne
la morbidezza di un dolce caldo.
Ho fame, ma ho perso il senso
della fame
Le coordinate per collocarla nel corpo
nel tempo
nella mia bocca semiaperta che chiede
nutrimento
Ho fame, come molti, come tutti
Allora perché nessun'altro
ha tanta fame quanto me?
"Χωρίς περίσκεψιν, χωρίς λύπην, χωρίς αιδώ
μεγάλα κ' υψηλά τριγύρω μου έκτισαν τείχη.
Senza preavviso, né pieta, senza nessun pudore muri massici e alti mi hanno costruito intorno"
[K.Kavafis - Mura]
Hai lo sguardo triste
triste
di migliaia di anni
mentre le case sfumano
i palazzi
nella condensa
Vorrei gridare
sul serio gridare
urlare di rabbia e spezzare
il muro spinato che mi circonda
vorrei tremare per smuovere
il vuoto immobile di questa vita
Ma come fare, come?
Il mio sguardo è troppo,
troppo triste.
[Henri de Tolouse Lautrec - Postumi di una sbornia]
"Perciò, chi è serio, si guarda bene dallo scrivere di cose serie, per
non esporle all'odio e all'ignoranza degli uomini. Da tutto questo si
deve concludere, in una parola, che, quando si legge lo scritto di
qualcuno, siano leggi di legislatore o scritti d'altro genere, se
l'autore è davvero un uomo, le cose scritte non erano per lui le cose
più serie, perché queste egli le serba riposte nella parte più bella che
ha"
[Platone - Lettera VII]
"La vita è una merda è un film di Raoul Bova"
[Salmo]
Ti dicono di lottare, continuamente, incessantemente.
Fin da quando sei piccolo, sei bombardato da queste immagini eroiche e stroboscopiche di gente che lotta senza tregua e vince schiacciando la testa del crudele nemico e nutrendosi simbolicamente delle sue viscere, assumendo nuova forza, ripetendo in nuove salse rituali che l'uomo si porta dietro fin da quando ha iniziato a percepirsi come essere senziente.
Lottare, lottare. Lotta, sempre: stringi i denti, affila le unghie, altrimenti sei preduto.
Retorica di bassa lega, che nasconde dietro l'apparente ottimismo un desiderio feroce e cannibale, alimentando l'illusione post-moderna di essere finalmente esseri realizzati, completi, quando invece siamo monchi e deformi.
Forse per questo la disabilità è un tema così poco trattato oggi, per questo se ne parla solo in chiave progressiva, positiva, in un'accezione inquietantemente semplficatoria dove il disabile può essere soltanto paladino e o sconfitto, eccezionale fenomeno da baraccone o vittima. Mai individuo, mai Seità.
Siamo terrorizzati dall'handicap, e questo perché noi stessi avanziamo a fatica, portandoci avanti su stampelle emotive e psichiche alquanto precarie, isolandoci sempre di più perché siamo sempre meno capaci di sopportare il contatto con la complessità dell'altro ed illudendoci che in questa sorta di eterna battaglia contro non si sa quale male potremo finalmente elevarci al di sopra della nostra condizione precaria, splendendo fulgidi e virili al di sopra di un mondo che finalmente abbiamo dominato.
Uno scenario epico, perfetta cornice di un'epica serie di stronzate.
"Com'è abituale nell'evoluzione concreta delle cose, colui che ha
trionfato e conquistato il godimento diviene completamente idiota,
incapace d'altro che godere, mentre colui che ne è stato privato
conserva la sua umanità."
[J.Lacan - Seminario III: Le Psicosi]
Per questo è morto Socrate? Davvero?
Per lasciare in eredità il suo pensiero ad un esercito di larve incapaci anche soltanto di capire cosa significa cercare di Essere?
Lotta, lotta, lotta. Come i supereroi, come i grandi del passato. Lotta, come i lombrichi che si contorcono nel fango.
Lotta, non importa se poi attorno a te non vi è alcun mezzo per farlo.
Perché è questo il problema.
Ci dicono di lottare, di farci le nostre ragioni, di informarci, di prendere coscienza, di evolverci, ma non ci lasciano i mezzi.
E giù di filosofie spicciole all'acqua di rose, robetta new-age di non ben chiara origine, frasi fatte d'auto-aiuto, poteri della mente, alieni, speranze epifaniche e apocalittiche, dove l'esperienza del vuoto e dell'Altro e assolutamente negata, perché si nega il dolore. Il dolore in se stesso intendo, senza scopo preciso, il dolore lacerante ed eterno di Edipo che spinge a strapparsi gli occhi.
Non esiste oggi, il sentore di quel dolore. Il dolore dell'uomo moderno è divenuto un mezzo, è stato declassato a pungolo per un fantomatico risveglio della coscienza, ed ha perso il suo valore di esperienza fondante e totalizzante. Il dolore che è l'essenza della Lotta vera e propria, quella del Uomo non contro, ma verso se stesso, ora è un parassita fastidioso di cui liberarsi, e l'Uomo realizzato è l'uomo di plastica con un sorriso da cretino sempre stampato sul volto. L'uomo onesto, il nuovo borghese che ha fatto i lavori più umili e si è innalzato sopra le folle, quello che ce l'ha fatta proprio perché è onesto, perché è puro, modellato dalla strada.
L'uomo che non ha mai commesso errori e che rassicura, perché ambasciatore di un mondo semplice, un modo senza tragedia, dove hai quello che vuoi e puoi tenere le redini di tutto, e dove hai le redini perché stai domando un cavallo docile e privo di qualsivoglia desiderio di libertà.
"Io ho fatto come te eppure...non ho mai avuto bisogno...piuttosto che fare quello io..."
Non pensieri, ma spazzatura.
In pratica: ci dicono di Lottare, ma di farlo con gioia. Perché si sa che quando sei nel mezzo di una battaglia, circondato da sangue e viscere, con le mani affondate dentro il petto pulsante del tuo nemico, la prima cosa che ti viene da pensare è che la vita è meravigliosa.
Io lotto, continuamente, lotto come un fottuto cane rabbioso per non soccombere all'angoscia ed al tremendo intorpidimento che mi attanaglia, e tutto ciò che ne ricavo è un profondo senso di solitudine.
Potrei realizzarmi nello studio, ma l'Università, con i suoi tempi, la sua burocratizzazione selvaggia, il suo ottuso concentrarsi unicamente sulla preparazione teorica a discapito dell'esperienza concreta, non me lo permette.
Potrei integrare con il lavoro, magari in qualche associazione umanitaria, o come assistente sociale, ma non è possibile. Vuoi fare esperienza? Cazzi tuoi bello! Perché noi cerchiamo solo gente certificata,laureata! Normative europee, amico, non possiamo farci niente. Cosa importa se tu hai bisogno e voglia di fare qualcosa di concreto, di iniziare a capire VERAMENTE cosa significa agire in contatto con realtà problematiche, cosa importa se devi pesare sui tuoi genitori e passare le giornale, le estati, chiuso in casa a studiare. Ognuno pensa al suo, no?
CAZZOCENEFREGAANNOI se tu vuoi entrare finalmente nel mondo, anche se, sia chiaro, questo non ci risparmierà dal criticarti quando ti dimostrerai inadeguato alle sue richieste.
E se vuoi costruire la tua indipendenza, devi ridurti a fare qualunque lavoro, trovandoti impossibilitato a studiare come vorresti e assolutamente logorato da un impiego che non ti piace, mentre persone più stupide ed incompetenti di te si realizzano perché boh...va così. O perché non si fanno troppi problemi.
Questo non è lottare, è immolarsi per una causa non tua, è accontentarsi delle briciole.
Ecco, questa è la mia impressione: ci scanniamo per le briciole, tutti, e quando fortuitamente riusciamo a sgozzare chi ci è accanto e ce ne accapariamo un po' di più, ci lasciamo convincere di aver compiuto una grande opera.
Ma non è vero, abbiamo raccolto delle briciole. Una cosa che anche i ratti di fogna sanno fare.
Peter Paul Rubens - Crono divora i figli ( dettaglio), 1636
Nick Cave and The Bad Seeds - From her to Eternity
"Siamo poveri davvero se non siamo altro che sani di mente"
[Donald Winnicott ]
E' una vita che non scrivo, che non scrivo sul serio.
Certo, ogni tanto tiro fuori qualche poesia, vabbé, ma prendermi la possibilità e lo spazio per entrare in me stesso, per osservare i miei spazi interni...
Da quanto non lo faccio? Due anni? Tre? Quattro?Cinque? Una vita intera?
C'è un'aridità abbacinante in me, come un blocco, qualcosa che mi è stato succhiato via come il midollo dall'osso e che mi impedisce di essere forte, presente a me stesso, capace. Qualcosa che negli ultimi anni ho affrontato e sublimato con estremo dolore e fatica ( ponos?), e che ormai potrei persino descrivere con dovizia di dettagli, se me la sentissi
Il fatto è che non voglio. Voglio ancora scavare, grattare finché non sentirò il nucleo delle mie debolezze pulsare vivo e caldo, finché non potrò osservarlo come osservo ora lo schermo di questo computer e accettarlo per quello che è...
Visita Interiora Terrae...
Un giorno, forse, potrò respirare e sentirmi completo e felice. Davvero. So che sarà così.
Caravaggio - Decollazione di San Giovanni Battista, 1608
Io sono solo Come un pezzo di legno putrefatto abbandonato sulle soglie del camino Niente, Niente Insostenuto, sottile e flebile santissimamente sacrificio del mondo privato a forza delle proprie viscere delle sue profondità Io sono solo come una linea tracciata a matita sul tavolo come macchie di dita impresse sul vetro Solo, niente Solo La mia mente è silenziosa, stanza vuota dell'anima la mia bocca parla abbandonata schiava della lingua e dei muscoli facciali Ed io sono solo, così solo solo, solo, solo monco, tranciato, macellato cieco, abusato. vivo, trasceso, ucciso scoperto, indifeso Solo, niente. Come una tenda stracciata. Solo. Moncherino patetico d'essere Solo. Incapace, stupido, inerme... Disarmato, tremante, impaurito Solo Solo Solo... Un abbraccio impedito una mano tesa scorticata sul palmo un guscio sgranocchiato fino al pulviscolo un turbine senza salvezza, uno schizzo di spuma sulla terra secca una guerra senza grida, un marchio senza pelle Solo. Solo. Come un idioma sepolto, una civiltà negletta Solo come le nenie dei primi uomini Solo.... Solo.... Solo.
Donizetti - Verranno a te sull'aure
( Lucia di Lammermoor; Maria Callas e Giuseppe Di Stefano)