Alcuni sono elevati dal loro lignaggio
i versi dei miei poemi sono il mio lignaggio
Nusayb ibn Rabah (m.726)

La vita è come noi
La troviamo - e così la morte
una poesia d'addio?
Perché insistere
Daie-Soko (1809-1163)

Il rimorso non è la prova del crimine, indica solamente un'anima facile da soggiogare.
Donatien-Françoise-Alphonse De Sade

Se le creature sono i grandi veli che ci separano dal Creatore, la via per Allah passa attraverso di esse
Sheik Mhuammad at-Tàdilì

Le parole che dice chi è felice
son volgare melodia –
ma quelle che chi tace sente dentro
sono meravigliose.
Emily Dickinson

Non è grazie al genio ma grazie alla sofferenza, e solo grazie ad essa, che smettiamo di essere una marionetta.
Emil Cioran


lunedì 18 settembre 2017

Socrate e le briciole di pane

"Perciò, chi è serio, si guarda bene dallo scrivere di cose serie, per non esporle all'odio e all'ignoranza degli uomini. Da tutto questo si deve concludere, in una parola, che, quando si legge lo scritto di qualcuno, siano leggi di legislatore o scritti d'altro genere, se l'autore è davvero un uomo, le cose scritte non erano per lui le cose più serie, perché queste egli le serba riposte nella parte più bella che ha"
[Platone - Lettera VII]

"La vita è una merda
è un film di Raoul Bova" 
[Salmo] 
 
Ti dicono di lottare, continuamente, incessantemente.
Fin da quando sei piccolo, sei bombardato da queste immagini eroiche e stroboscopiche di gente che lotta senza tregua e vince schiacciando la testa del crudele nemico e nutrendosi simbolicamente delle sue viscere, assumendo nuova forza, ripetendo in nuove salse rituali che l'uomo si porta dietro fin da quando ha iniziato a percepirsi come essere senziente.

Lottare, lottare.  Lotta, sempre: stringi i denti, affila le unghie, altrimenti sei preduto.

Retorica di bassa lega, che  nasconde dietro l'apparente ottimismo un desiderio feroce e cannibale, alimentando l'illusione post-moderna di essere finalmente esseri realizzati, completi, quando invece siamo monchi e deformi.

Forse per questo la disabilità è un tema così poco trattato oggi, per questo se ne parla solo in chiave progressiva, positiva, in un'accezione inquietantemente semplficatoria dove il disabile può essere soltanto paladino e o sconfitto, eccezionale fenomeno da baraccone o vittima.  Mai individuo, mai Seità.

Siamo terrorizzati dall'handicap, e questo perché noi stessi avanziamo a fatica, portandoci avanti su stampelle emotive e psichiche alquanto precarie, isolandoci sempre di più perché siamo sempre meno capaci di sopportare il contatto con la complessità dell'altro ed illudendoci che in questa sorta di eterna battaglia contro non si sa quale male potremo finalmente elevarci al di sopra della nostra condizione precaria, splendendo fulgidi e virili al di sopra di un mondo che finalmente abbiamo dominato.

Uno scenario epico, perfetta cornice di un'epica serie di stronzate.

 "Com'è abituale nell'evoluzione concreta delle cose, colui che ha trionfato e conquistato il godimento diviene completamente idiota, incapace d'altro che godere, mentre colui che ne è stato privato conserva la sua umanità."
[J.Lacan - Seminario III: Le Psicosi] 
Per questo è morto Socrate?  Davvero?
Per lasciare in eredità il suo pensiero ad un esercito di larve incapaci anche soltanto di capire cosa significa cercare di Essere?

Lotta, lotta, lotta.  Come i supereroi, come i grandi del passato. Lotta, come i lombrichi che si contorcono nel fango.

Lotta, non importa se poi attorno a te non vi è alcun mezzo per farlo.
Perché è questo il problema.
Ci dicono di lottare, di farci le nostre ragioni, di informarci, di prendere coscienza, di evolverci, ma non ci lasciano i mezzi.

E giù di filosofie spicciole all'acqua di rose, robetta new-age di non ben chiara origine, frasi fatte d'auto-aiuto, poteri della mente, alieni, speranze epifaniche e apocalittiche, dove l'esperienza del vuoto e dell'Altro e assolutamente negata, perché si nega il dolore. Il dolore in se stesso intendo, senza scopo preciso, il dolore lacerante ed eterno di Edipo che spinge a strapparsi gli occhi.

Non esiste oggi, il sentore di quel dolore. Il dolore dell'uomo moderno è divenuto un mezzo, è stato declassato a pungolo per un fantomatico risveglio della coscienza, ed ha perso il suo valore di esperienza fondante e totalizzante. Il dolore che è l'essenza della Lotta vera e propria, quella del Uomo non contro, ma verso se stesso,  ora è un parassita fastidioso di cui liberarsi, e l'Uomo realizzato è l'uomo di plastica con un sorriso da cretino sempre stampato sul volto. L'uomo onesto, il nuovo borghese che ha fatto i lavori più umili e si è innalzato sopra le folle, quello che ce l'ha fatta proprio perché è onesto, perché è puro, modellato dalla strada.

L'uomo che non ha mai commesso errori e che rassicura, perché ambasciatore di un mondo semplice, un modo senza tragedia, dove hai quello che vuoi e puoi tenere le redini di tutto, e dove hai le redini perché stai domando un cavallo docile e privo di qualsivoglia desiderio di libertà.

"Io ho fatto come te eppure...non ho mai avuto bisogno...piuttosto che fare quello io..."

Non pensieri, ma spazzatura.

In pratica: ci dicono di Lottare, ma di farlo con gioia. Perché si sa che quando sei nel mezzo di una battaglia, circondato da sangue e viscere, con le mani affondate dentro il petto pulsante del tuo nemico, la prima cosa che ti viene da pensare è che la vita è meravigliosa.

Io lotto, continuamente, lotto come un fottuto cane rabbioso per non soccombere all'angoscia ed al tremendo intorpidimento che mi attanaglia,  e tutto ciò che ne ricavo è un profondo senso di solitudine.

Potrei realizzarmi nello studio, ma l'Università, con i suoi tempi, la sua burocratizzazione selvaggia, il suo ottuso concentrarsi unicamente sulla preparazione teorica a discapito dell'esperienza concreta, non me lo permette.

Potrei integrare con il lavoro, magari in qualche associazione umanitaria, o come assistente sociale, ma non è possibile. Vuoi fare esperienza? Cazzi tuoi bello! Perché noi cerchiamo solo gente certificata,laureata! Normative europee, amico, non possiamo farci niente. Cosa importa se tu hai bisogno e voglia di fare qualcosa di concreto, di iniziare a capire VERAMENTE cosa significa agire in contatto con realtà problematiche, cosa importa se devi pesare sui tuoi genitori e passare le giornale, le estati, chiuso in casa a studiare. Ognuno pensa al suo, no?

CAZZOCENEFREGAANNOI se tu vuoi entrare finalmente nel mondo, anche se, sia chiaro, questo non ci risparmierà dal criticarti quando ti dimostrerai inadeguato alle sue richieste.

E se vuoi costruire la tua indipendenza, devi ridurti a fare qualunque lavoro, trovandoti impossibilitato a studiare come vorresti e assolutamente logorato da un impiego che non ti piace, mentre persone più stupide ed incompetenti di te si realizzano perché boh...va così. O perché non si fanno troppi problemi.

Questo non è lottare, è immolarsi per una causa non tua, è accontentarsi delle briciole.
Ecco, questa è la mia impressione: ci scanniamo per le briciole, tutti, e quando fortuitamente riusciamo a sgozzare chi ci è accanto e ce ne accapariamo un po' di più, ci lasciamo convincere di aver compiuto una grande opera.

Ma non è vero, abbiamo raccolto delle briciole. Una cosa che anche i ratti di fogna sanno fare.

Peter Paul Rubens - Crono divora i figli ( dettaglio), 1636


Nick Cave and The Bad Seeds - From her to Eternity








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