<< Se non ti sputo in faccia è per non sporcarmi la saliva>>
- La mia testa di fronte alla preside. In silenzio -
La scuola soffoca le sensazioni, la loro progenie...
Arride alla transigenza, consuma ogni giorno in costrizioni ventricolari.
La scuola postula, archivia ed uccide. Uccide!
La scuola ( Dio cane), è stata la scuola a rovinarmi la vita...
Ha preso tutto ciò che avevo. Mi ha rubato i libri ed il pianto, la nullità e l' idiozia. Mi ha cancellato dalla vastità animale, dal sacrosanto diritto alla regressione ferina...
Eppoi ha toccato il mio corpo...
La scuola l'ha irrigidito, il mio corpo. Ha sigillato la schiena in onanismi tarsali, avviluppato gingilmi e articolato le mie braccia.
Dandomi nomi e numeri, ha dominato la mia gaia armonia.
DIOCANELURIDOPORCOMERDASTRONZOPUTTANALAMADONNA!
- Scusami Dio, fratello. Comprendimi... Tu che sei più grande di me, che del mio odio fai carezze...comprendimi.-
William Blake- Il corpo di Abele trovato da Adamo ed Eva; 1825
E la passione la mia troclea crespa. Mi muove lo sguardo nell'orbita del Tempo...
Orbita! Orbita!...Guardatemi tutti le orbite!
( Perdonami Fratello... Perdona quest'aria che i polmoni non trattengono, e le tremende contrazioni del mio stomaco. Perdonami Amico, perché sono simile a te...
Se non si accende la luce perdonami.
Se dormo troppo, perdonami.
Perdonami mentre scopo e godo.
Perdona le mie Verità... )
<< Ragazzo, sto solo cercando di farti ragionare>>
Perdonami se non ragiono, talvolta.
<< Il fatto è che a te non interessa la cultura! Non ti interessa vivere! Non ti interessa NIENTE!>>
<< Sei rigido, rigido più di tutti gli altri>>
Rigido come una spugna al sole. Privato dell'acqua dai singhiozzi.
<<Rigido, rigido, rigido>>
Ma io non ho paura...loro me l'hanno detto. Lo dicono tutti:
La Scuola è la vita gente. La scuola ci salverà!
<<Segnatelo, questo Lupis. Riporta tutto alla commissione d'esame... si vede che non gliene frega proprio un cazzo di niente. Segna quel suo sguardo assonnato, le pulsazioni irregolari. E quell'ironia spavalda che gli spunta dalla bocca..segna pure quella...>>
Ci salverà...tutti.
Venite sotto a queste dolci mura ! Ecco la polvere compagni, la polvere...
Vieni con noi. Ti mostreremo la pienezza della specie, la leggerezza di uno
specchio placcato. Ti inietteremo la verità e il disgusto. E quando avrai
abbastanza paura, ti insegneremo a giudicare e a Credere...
ah, stai pur certo che capirai ogni cosa!
Vieni con noi, vieni! In questa dolce opulenza sarai grande!
Perché?
Perché mi ostino così dannatamente
a vivere?...
Le solitudini dell'aria si delineano in oppressioni carnicine, riflettono in me una pellicola plumbea, i tremori di un'ardita opulenza. Inaspriscono la nausea, la repulsione del mio stomaco per la sua stessa organica vitalità ( Non mi digerisco? O forse non vedo l'ora di scindermi in atomi, di inacidirmi in atomi? ).
E tutto quello che un tempo è stata la mia pelle, ad ogni passo fa ritorno al silenzio.
La lucidità della mia giacca in eco-pelle sotto la pioggia, la pesantezza dei miei anfibi aggrappati alle gambe. Ogni cosa è silenzio aspro, la sensazione sulfurea e di un' imminente catastrofe temporo-mandibolare. Un pianto nevrotico forse. Un urlo orgasmico alla raziocinante nefandezza del cosmo.
TU NON SEI NIENTEDINIENTEDINIENTEDINIENTEDINIENTEDINIENTE...
Anselm Feuerbach - La battaglia delle amazzoni, 1873
[ Scritta in un getto disarmonico il 03/03/2013 ]
[ Nota introduttiva: Pentesilea è la regina della Amazzoni che fu uccisa da Achille in duello e violentata una volta che, feritala al seno, inchiodatala al cavallo e sollevatole l'elmo, quest'ultimo fu colto da un'incontenibile passione per lei. L'orrido - ma splendido a parer mio - Tersite, che assistette alla scena, derise allora il pié veloce che per tutta risposta lo colpì con un pugno, uccidendolo tragicamente. A voi le dovute conclusioni e la relativa interpretazione]
I.
Con la pazzia mi sono affranto
In una conca di vana magrezza
Ho vaneggiato la potenza
Della tenebra
Disperso aride voci
In uno stimolo di grigia parvenza.
Ma nonostante l’irrealtà
Della mia voce
Al pianto triste non rimangio nulla
Che senza gola ho resistito e difeso
Ho vaneggiato le ferite
Fino a disperdermi nel gorgo.
Abbacinante dolore.
Il figlio d’uomo sta tornando all'ovile
Guarda il suo viso, razza spuria!
A te ne caglia, lo sai?
Ogni parola proferita
Un’abrasione sull’ambrata pelle,
Ogni parola che respiri
Ritorna ora da un miraggio di ricchezza.
Viaggiò dai Fiordi al Mandango costui,
Attraversò pallide vie
Incastonandosi di vuote sapienze
Accompagnò le sue illusioni
Con la paura di scoprirsi un frammento.
Da dove torni figlio d'uomo
che supponti?
Nel tentativo di salvarti
hai consumato la tua pelle di cielo
nell'osservare l'orizzonte
Hai reso aridi i tuoi stanchi occhi
Non hai più forza né capelli
sei muto,
e il troppo amore per la terra
ha cancellato dal tuoi piede l'avvenenza
Ma per placare tutto questo hai lottato!
Hai costruito scalinate di ambizioni,
Hai crocifisso l’assoluto
Su di una bianca croce
E voi venite, scimmie stolte
Venite all’ombra della bianca croce!
Dietro ai racconti delle facce vostre
Vi mostrerò come adorare
La polvere
Dietro le solfe dell’assenza,
vi mostrerò come baciare il Demonio,
le insostenibili prove
di un’esistenza senza forma!
Vi parlerò di una pretesa
di granito
Di questo tempo che la razza ha smarrito
ormai piegata alle pretese del cielo
dove ogni gemito è accaldato e smunto
in una nube di accorata schiavitù:
tu dormi da schiavo Uomo,
vita del Mondo
Della fatica e del ristoro schiavo.
Viviamo schiavi ogni risveglio
Della auto chiuse a mezzanotte
E dei respiri senza spasmo
Fra le gelose impressioni dell’alba
Schiavi del corpo e dei rimorchi
Schiavi boriosi di discorsi
E di una corsa sportiva e morente.
- Correre agli idoli il canto:
questa mia razza che correndo
ha dato sangue al suo decorso-
Ma In questa satira dei tempi antichi
Non trasmettiamo che
un’assenza animale
Abbacinandoci in continui sbagli
Non trasformiamo che gli istinti in arsure
Dei numi anitichi le pedanti paure
Non risultiamo che una gracile somma
Ma tu Tersite, gambe storte
Le membra calde tu non desti alle fanciulle
Non conoscesti mai gli abbracci e la pelle,
Che troppo tremule le dita
Fecero fremere le grida ai sapienti
Ti procacciarono l’esilio e il fango,
anche se il Pelide vedesti umiliarsi
e nella morte consumarsi la più fiera
La più grandiosa delle ardite guerriere.
Dare la morte ed adorarla lo vedesti
Pentesilea dall’occhio spento.
Sul bianco petto dismembrato
Tu ne osservasti la bramosa in caduta
Ma nessun gemito in lei, o respiro
che così immota e penetrata