" Un po' di pausa per il cuore che mi esce dalla bocca
imploro riposo in mezzo a questo carnevale di sangue
cerco dolcezza nell'inferno terrestre
tenerezza dimenticata, più volte affondata nell'oceano, negli
abissi neri delle incomprensioni"
[Sergio Soldani - Pausa, Supponenza]
Marc Chagall - Il concerto
E' un lavoro scritto un po' di getto, che ho limato alla buona. Non che non vi abbia messo cura, semplicemente volevo mantenere la naturalezza dello stile ed evitare risvolti troppo artificiosi. Vabbè che anche se fa schifo, di certo non lo saprete in molti...
Che dire? Non mi va di tirar giù chissà quale elaborata presentazione per questo mio ennesimo aborto letterario, anche perché, come ho già detto. ci ho riflettuto poco. E' una poesia, insomma... tutto qui,
La citazione finale è tratta da un ( bellissimo) canto Irochese, il Rituale del Fuoco e dell'Oscurità, che ho potuto trovare nella raccolta "Canti degli Indiani d'America" curata da Silvio Zavatti, edizioni Newton & Compton.
Ahhh la vita...ne vomito.
Divertitevi.
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Qui del respiro ho ormai sfiorato
Il mio incedereE le inseguite deficienze che per anni
Han fatto scudo alla mia triste velleità
E ciò che ho preso ed ho perduto
Le gomitate che ho sputato
A questi occhi incancreniti di paesaggi
E di avventure senza il vezzo del reale
La mia pacata incomprensione
Di tutto ciò che non ho mai raggiunto...
Come si osserva l’universo
Senza piegarsi dietro grido
del suo crescere?
Come ci riescono le stelle?
Ho fatto cenno del mio canto soltanto
E sono stato crivellato di rimorsi
Ho sollevato le mie labbra al cielo
E mi han cacciato alla mia muta ribellione.
Come si vive senza cedere?
Come si può sfiorare Dio
Senza sentirsi aggrovigliato in ogni perdita
Ed esiziale, interminato
Abbacinato d’un’ ilare incompletezza?
Come?
E sono stato sfiorato anch’io
una notte,
avvolto in lacrime
Illuminato da un sorriso di tremiti.
I miei capelli abbandonati alle spalle
Le mani sporche incastonate fino al volto
Tu mi parlasti nel linguaggio delle sagome
E mi trovasti come affranto
In un bacino di memorie e carezze
E tutto a un tratto adesso so
Intellettuali, poeti, scienziati
Uomini colti senza fondo
Queste altre fiamme della vita come me
Che il tempo sbianca quasi fossero ossa
Adesso so che non esistono affatto
E che non sono mai esisti
E che fin ora ho dato fondo con le dita
Soltanto a croste di nolente grammatica
Ai miei lamenti senza alcuna utilità
Alla mia fragile ignoranza d’espressione
E questa stanza senza oblio mi ha rivelato
Ogni segreto a questo squallido universo.
Lo scriverò senza timore in versi
Come un’ amante appassionata
Come se ancora mi potessero ascoltare
Ne scriverò fino alle soglie dell’alba
Finché i miei occhi non saranno consumati
Mentre tremante sdraierò le membra stanche
Contando l'avida follia per ogni battito
Per ogni sistole che allarga il mio cuore
“Venite, voi che ascoltate
Andate al magico viaggio:
E’ certo vuoto il cielo
Del sole e delle stelle brillanti
Venite, noi prendiamo il cammino.
La notte non è nostra amica
Ha chiuso le palpebre.
Chi ha dimenticato la Luna
Ci lasci attendere nell’oscurità”
E persi il buio tra le braccia,
non ricordandomi nemmeno il mio nome
EvenS - Tell